mercoledì 27 agosto 2014

IMMIGRAZIONE: il Consiglio di Stato interpreta estensivamente la nozione di "legami familiari" ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero (Cons. St., Sez. III, sentenza 17 luglio 2014, n. 3680).


IMMIGRAZIONE:
 il Consiglio di Stato 
interpreta estensivamente 
la nozione di "legami familiari" 
ai fini del rinnovo 
del permesso di soggiorno dello straniero
 (Cons. St., Sez. III, 
sentenza 17 luglio 2014, n. 3680).


Breve commento

L'appellante è un cittadino albanese; non ancora maggiorenne, nel 2002, a seguito di ricongiungimento familiare col padre, è giunto in Italia, dove tuttora vivono, oltre ai genitori, i due fratelli e la sorella. 
Non avendo un reddito perché disoccupato, si è visto negato il rinnovo del permesso di soggiorno dalla Prefettura, la quale ha interpretato restrittivamente l'art. 5 del d.lgs. n. 286/1998, che prevede la sussistenza di un reddito dimostrabile come condicio sine qua non per la permanenza nel territorio nazionale dello straniero.
Lo stesso art. 5, co. 5 secondo paragrafo, del citato decreto, stabilisce, tuttavia, un'eccezione al rigore del requisiti reddittuale, che debba tenersi conto anche "natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato e dell'esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d’origine, nonché, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale".
Il Consiglio di Stato, sulla scia della sentenza additiva della Corte Costituzionale n. 202/2013, ha stabilito, con la sentenza in commenti, che per "vincoli familiari" devono intendersi anche quelli tra familiari non conviventi, e nel rapporto tra genitori e figli, a che quelli con figli maggiorenni ma minorenni nel momento in cui avrebbero avuto diritto al ricongiungimento.
Un'interpretazione molto estensiva, giustificata, tuttavia, da motivi d'equità e dalla particolare fattispecie concreta.


Massima

1. L'art. 5, del d.lgs. 286/1998, il possesso di un reddito minimo idoneo al sostentamento dello straniero e del suo nucleo familiare costituisce condizione soggettiva non eludibile, perché attiene alla sostenibilità dell’ingresso dello straniero nella comunità nazionale, sotto il profilo della capacità di offrire un’adeguata contropartita in termini di lavoro e quindi di formazione del prodotto nazionale e partecipazione fiscale alla spesa pubblica, nonché della garanzia che il cittadino extracomunitario non si dedichi ad attività illecite o criminose (cfr., da ultimo, Cons. Stato, III, 9 aprile 2014, n. 1687).
2. Tuttavia, ai sensi del secondo periodo del comma 5, dell’articolo 5 del d.lgs. 286/1998, “Nell’adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell'articolo 29, si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato e dell'esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d’origine, nonché, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale”.
3. Come chiarito dalla giurisprudenza di questa Sezione 
3.1 la previsione, introdotta nel citato comma 5, ad opera del d.lgs. 5/2007, in attuazione della direttiva comunitaria sulla tutela dell’unità familiare dei migranti, nell’attribuire rilevanza ai legami famigliari ed alla intensità e durata dell’inserimento dello straniero nella società italiana, ha trasformato da vincolato in discrezionale il diniego del permesso di soggiorno, per le ipotesi in cui sussistano quei presupposti che, in linea generale, ai sensi dei precedenti commi dell’art. 5 e del precedente art. 4, risulterebbero altrimenti tassativamente ostativi;
3.2 detta previsione a tutela dell’unità familiare, anche se testualmente si riferisce agli stranieri che abbiano esercitato il diritto al ricongiungimento familiare o siano essi stessi familiari ricongiunti, a seguito della sentenza (additiva) della Corte Costituzionale 18 luglio 2013, n. 202, si applica anche allo straniero “che abbia legami familiari nel territorio dello Stato”; vale a dire, anche ai nuclei familiari che abbiano quella stessa composizione che, occorrendo, legittimerebbe una procedura di ricongiungimento, ma che non abbiano avuto bisogno di ricorrervi, in quanto riuniti ab origine.
3.3 In particolare è stato sottolineato che i “legami familiari” rilevanti sono quelli indicati dall’art. 29 del d.lgs. 286/1998 (e, a monte, dalla direttiva comunitaria n. 86/2003), con la precisazione che non è necessaria la convivenza (la sentenza della Corte Costituzionale n. 202/2013 si riferisce ai “legami familiari nel territorio dello Stato”, e non ai (soli) familiari conviventi) e che nel rapporto tra genitori e figli non necessita che i figli siano attualmente minorenni (se è vero che sono ricongiungibili solo i figli minorenni, è anche vero che la citata sentenza non fa riferimento alle persone che presentino “attualmente” i requisiti del ricongiungimento, ma (anche) a quelle che a tempo opportuno avrebbero avuto titolo al ricongiungimento, ma non abbiano avuto necessità di avvalersene; cfr. Cons. Stato, III, 3 gennaio 2014 n. 1).



Sentenza per esteso


INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 32 del 2014, proposto da:
H.M., rappresentato e difeso dall'avv. S. C., con domicilio eletto presso V. I., in Roma, via Appia Nuova, 612; 
contro
U.T.G. - Prefettura di Grosseto, Ministero dell'Interno, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, anche domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. TOSCANA – FIRENZE, SEZIONE II, n. 00685/2013, resa tra le parti, concernente diniego di rinnovo del permesso di soggiorno;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di U.T.G. - Prefettura di Grosseto e Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 maggio 2014 il Cons. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti l’avvocato V. su delega di C. e l’avvocato dello Stato Palatiello;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. L’appellante è cittadino albanese; non ancora maggiorenne, nel 2002, a seguito di ricongiungimento familiare col padre, è giunto in Italia, dove tuttora vivono, oltre ai genitori, i due fratelli e la sorella.
Ha proposto ricorso gerarchico avverso il provvedimento del Questore di Grosseto in data 27 giugno 2012, con cui è stata respinta la sua istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato, a causa della mancata sottoposizione ai rilievi fotodattiloscopici, della mancata consegna delle fototessere e della omessa dimostrazione del possesso di un adeguato reddito da fonte lecita; ha lamentato in quella sede che non fossero state considerati i legami familiari.
2. Con provvedimento prot. 40076 in data 1 dicembre 2012, il Prefetto di Grosseto ha respinto il ricorso, affermando la non rilevanza dei legami familiari, posto che il ricorrente non risultava al momento convivente con alcuno di loro e costituiva quindi una “singola famiglia”, mentre l’art. 5, comma 5, del d.lgs. 286/1998, è volto a tutelare l’integrità dei nuclei familiari, caratterizzati dalla convivenza.
3. Il TAR Toscana, con la sentenza appellata (II, n. 685/2013), ha respinto l’impugnazione del rigetto, affermando che la non convivenza con i parenti - e quindi l’uscita del ricorrente dal nucleo familiare, la salvaguardia dell’unità del quale costituisce la ratio dell’art. 5, comma 5, cit. - giustifica il rilievo ostativo attribuito dalla Prefettura alla mancanza di reddito.
4. Nell’appello, lo straniero ribadisce che:
- i vincoli familiari non possono ridursi al mero dato formale della convivenza sotto lo stesso tetto;
- occorreva, in applicazione dell’art. 5, comma 5, cit., una seria istruttoria in ordine alla natura ed alla effettività dei vincoli familiari in Italia, all’inesistenza di legami familiari e sociali col paese di origine, alla lunga durata della permanenza in Italia;
- in realtà, si era trasferito dal fratello; poi, quando quest’ultimo ha lasciato l’abitazione per trasferirsi in un’altra, è tornato dai genitori, con i quali risiede tuttora;
- dopo aver lavorato regolarmente per anni, versa in stato di disoccupazione solo a causa della vicenda relativa al rinnovo del permesso di soggiorno, ma per lui è immediatamente disponibile un contratto di lavoro presso la ditta edile dello zio.
5. Con ordinanza n. 352/2014, questa Sezione ha sospeso l’esecutività della sentenza.
6. L’appello è fondato e deve pertanto essere accolto.
6.1. Alla luce delle motivazioni del rigetto del ricorso gerarchico, deve ritenersi che la Prefettura abbia attribuito rilievo ostativo sostanziale (soltanto) alla mancanza di un adeguato reddito proprio.
La giurisprudenza di questa Sezione ha chiarito che, ai sensi dell’art. 5, del d.lgs. 286/1998, il possesso di un reddito minimo idoneo al sostentamento dello straniero e del suo nucleo familiare costituisce condizione soggettiva non eludibile, perché attiene alla sostenibilità dell’ingresso dello straniero nella comunità nazionale, sotto il profilo della capacità di offrire un’adeguata contropartita in termini di lavoro e quindi di formazione del prodotto nazionale e partecipazione fiscale alla spesa pubblica, nonché della garanzia che il cittadino extracomunitario non si dedichi ad attività illecite o criminose (cfr., da ultimo, Cons. Stato, III, 9 aprile 2014, n. 1687).
6.2. Tuttavia, ai sensi del secondo periodo del comma 5, dell’articolo 5 del d.lgs. 286/1998, “Nell’adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell'articolo 29, si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato e dell'esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d’origine, nonché, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale”.
Come chiarito dalla giurisprudenza di questa Sezione (cfr., da ultimo, Cons. Stato, III, 29 aprile 2014 n. 2207; 29 gennaio 2014, n. 457):
- la previsione, introdotta nel citato comma 5, ad opera del d.lgs. 5/2007, in attuazione della direttiva comunitaria sulla tutela dell’unità familiare dei migranti, nell’attribuire rilevanza ai legami famigliari ed alla intensità e durata dell’inserimento dello straniero nella società italiana, ha trasformato da vincolato in discrezionale il diniego del permesso di soggiorno, per le ipotesi in cui sussistano quei presupposti che, in linea generale, ai sensi dei precedenti commi dell’art. 5 e del precedente art. 4, risulterebbero altrimenti tassativamente ostativi;
- detta previsione a tutela dell’unità familiare, anche se testualmente si riferisce agli stranieri che abbiano esercitato il diritto al ricongiungimento familiare o siano essi stessi familiari ricongiunti, a seguito della sentenza (additiva) della Corte Costituzionale 18 luglio 2013, n. 202, si applica anche allo straniero “che abbia legami familiari nel territorio dello Stato”; vale a dire, anche ai nuclei familiari che abbiano quella stessa composizione che, occorrendo, legittimerebbe una procedura di ricongiungimento, ma che non abbiano avuto bisogno di ricorrervi, in quanto riuniti ab origine.
6.3. In particolare, per quanto concerne la situazione in cui sembra versare l’odierno appellante, è stato sottolineato che i “legami familiari” rilevanti sono quelli indicati dall’art. 29 del d.lgs. 286/1998 (e, a monte, dalla direttiva comunitaria n. 86/2003); con la precisazione che non è necessaria la convivenza, dal momento che il dispositivo della sentenza della Corte Costituzionale n. 202/2013 si riferisce ai “legami familiari nel territorio dello Stato”, e non ai (soli) familiari conviventi; e che nel rapporto tra genitori e figli non necessita che i figli siano attualmente minorenni, perché se è vero che sono ricongiungibili solo i figli minorenni, è anche vero che la citata sentenza non fa riferimento alle persone che presentino “attualmente” i requisiti del ricongiungimento, ma (anche) a quelle che a tempo opportuno avrebbero avuto titolo al ricongiungimento, ma non abbiano avuto necessità di avvalersene (cfr. Cons. Stato, III, 3 gennaio 2014 n. 1).
6.4. Quanto esposto smentisce che l’interpretazione restrittiva data dal TAR Toscana - che si risolve nel ridurre i legami rilevanti a quelli esistenti all’interno del nucleo familiare composto dai soli conviventi - sia aderente al dato normativo, come interpretato dalla Corte Costituzionale.
Nel caso in esame, la distonia di detta interpretazione rispetto alla ratio di tutela dei legami familiari, sopra ricordata, appare poi evidente se si considera che l’appellante ha precisato di essersi trasferito dal fratello nel 2008 e di essere rientrato dai genitori (con i quali tuttora vive) allorché il fratello ha lasciato l’abitazione per trasferirsi in un’altra con moglie e figli, e che entrambi i nuclei familiari risiedono nella frazione di Marina di Grosseto (e quindi, tenuto conto che la frazione conta circa 600 abitanti, appartengono allo stesso contesto sociale).
6.5. In conclusione, in riforma della sentenza appellata il ricorso di primo grado va accolto, con annullamento del provvedimento impugnato, salvo il potere-dovere dell’Amministrazione di riesaminare la situazione dell’appellante, secondo i criteri di cui all’art. 5, comma 5, secondo periodo, del d.lgs. 286/1998.
7. Considerato che la portata applicativa della disciplina è frutto di evoluzione della giurisprudenza costituzionale ed amministrativa, sussistono giusti motivi per compensare le spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado e annulla il provvedimento impugnato.
Compensa le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 maggio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Romeo, Presidente
Angelica Dell'Utri, Consigliere
Hadrian Simonetti, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere
Pierfrancesco Ungari, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/07/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)



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