mercoledì 27 maggio 2015

PROVVEDIMENTO: l'erronea indicazione dei riferimenti normativi non inficia la legittimità del provvedimento amministrativo (Cons. St., Sez. V, sentenza 26 maggio 2015, n. 2632).


PROVVEDIMENTO: 
l'erronea indicazione 
dei riferimenti normativi 
non inficia la legittimità 
del provvedimento amministrativo 
(Cons. St., Sez. V,
 sentenza 26 maggio 2015, n. 2632)


Massima


1. L’erroneità dei richiami normativi di un atto amministrativo non integra di per sé un vizio di legittimità.
2. L’orientamento giurisprudenziale in proposito è, difatti, nel senso che la carente o erronea indicazione degli estremi della normativa di riferimento nel provvedimento impugnato non assume rilievo in termini di legittimità, laddove non impedisca di individuare i presupposti di fatto o le ragioni di diritto sottesi al provvedimento stesso (C.d.S., Sez. III, 18 luglio 2011, n. 4353; Sez. V, 17 maggio 2000, n. 2873; 18 settembre 1998, n. 1312).



Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 842 del 2015, proposto dalla s.r.l. G.A.R., rappresentata e difesa dagli avvocati Mario Barretta e Daniele Marrama, con domicilio eletto presso la Segreteria della Sezione Quinta del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, n. 13; 
contro
la Regione Campania, rappresentata e difesa dall'avv. Angelo Marzocchella e domiciliata in Roma, Via Poli 29; 
nei confronti di
il Commissario straordinario dell'Ente d'Ambito Sele, rappresentato e difeso dall'avv. Gaetano Paolino, con domicilio eletto presso il sig. Leopoldo Fiorentino in Roma, piazza Cola di Rienzo, n. 92;
la s.p.a. Consac Gestioni Idriche, rappresentata e difesa dall'avv. Lorenzo Lentini, con domicilio eletto presso l’avv. Giuseppe Placidi in Roma, Via Cosseria, n. 2; 
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Campania – Napoli, Sezione I, n. 6337/2014, resa tra le parti, concernente il trasferimento dell’Acquedotto Caggiano e l’affidamento della gestione del relativo servizio idrico in house alla s.p.a. Consac Gestioni Idriche.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Campania, del Commissario straordinario dell'Ente d’Ambito Sele e della s.p.a. Consac Gestioni Idriche;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 aprile 2015 il Cons. Nicola Gaviano e uditi per le parti l’avvocato Daniele Marrama, l’avvocato Rosanna Panariello su delega dell'avvocato Angelo Marzocchella, l’avvocato Feliciana Ferrentino su delega dell'avvocato Lorenzo Lentini e, infine, l’avvocato Leopoldo Fiorentino su delega dell'avvocato Gaetano Paolino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1 La s.r.l. G.A.R., nella dedotta qualità di gestore del complesso acquedottistico denominato Caggiano, per essere subentrata mediante acquisto di ramo d’azienda alla precedente affidataria del servizio, la s.p.a. GEA, con ricorso al T.A.R. per la Campania notificato il 16 luglio 2014 impugnava:
- la nota della Regione Campania del 17 giugno 2014 di convocazione di una conferenza di servizi per la firma del verbale di trasferimento della gestione delle infrastrutture acquedottistiche regionali ubicate nell’area del Parco del Cilento e del Vallo di Diano, nel cui territorio ricadeva anche l’acquedotto di Caggiano;
- il verbale della detta conferenza;
- il provvedimento regionale del 1° luglio 2014 con il quale veniva trasferita, a decorrere dalla stessa data, la gestione della Centrale della rete idrica dell’Acquedotto campano denominata Polla e Caggiano;
- il regolamento deliberato dal commissario straordinario dell’Autorità di ambito Sele con atto n. 50 del 16 ottobre 2013 per l’esercizio del controllo analogo sulle società affidatarie del servizio idrico integrato.
A sostegno dell’impugnativa la ricorrente deduceva due motivi.
Con il primo mezzo si censurava il fatto che uno dei provvedimenti impugnati richiamasse norme legislative ormai abrogate (tra le quali la legge n. 36 del 1994, e l’art. 148 del d.lgs. n. 152 del 2006, definitivamente abrogato dall’art. 1 del decreto-legge n. 2 del 2010). Ad avviso della ricorrente, inoltre, i poteri delle Autorità d’ambito, enti soppressi, erano cessati, per cui il commissario straordinario nominato per l’ordinaria amministrazione e la liquidazione dell’ATO locale non avrebbe potuto disporre del potere di affidare servizi pubblici locali.
Con il secondo motivo si prospettava una violazione del diritto dell’Unione Europea, per essere stato affidato il servizio a una società che non soddisfaceva i requisiti per un legittimo affidamento “inhouse” di un servizio pubblico.
Resistevano all’impugnativa la Regione Campania, l’Autorità di ambito Sele e la controinteressata s.p.a. Consac Gestioni Idriche (di seguito, la CONSAC), tutte deducendo, ancor prima dell’infondatezza del ricorso, vari profili di inammissibilità del medesimo, e segnatamente:
- difetto di legittimazione, poiché l’impugnazione proveniva da un soggetto che svolgeva solo in via di fatto il servizio controverso, non essendo mai stato stipulato alcun contratto di servizio con l’Amministrazione regionale;
- mancata impugnazione del provvedimento n. 3 del 2011, con il quale l’assemblea dell’Autorità di ambito Sele aveva disposto l’affidamento del servizio idrico integrato nell’area del parco del Cilento e del Vallo di Diano, nel cui territorio ricadeva anche l’acquedotto di Caggiano;
- infine, gli atti impugnati sarebbero stati mere comunicazioni del trasferimento, non dotate di autonoma lesività.
Veniva altresì eccepita l’inammissibilità per indeterminatezza del secondo motivo di gravame.
2 All’esito del giudizio il Tribunale adìto, con la sentenza n. 6337/2014 in epigrafe, dichiarava il ricorso inammissibile per la mancata impugnazione della delibera dell’A.T.O. n. 3/2011, che aveva affidato appunto alla CONSAC la gestione del servizio idrico integrato nell’area.
3 Seguiva contro tale decisione la proposizione del presente appello alla Sezione da parte dell’originaria ricorrente, che contestava sotto più profili la declaratoria di inammissibilità emessa dal primo Giudice e reiterava le proprie censure avverso gli atti impugnati.
Resistevano all’appello la Regione, l’Autorità di ambito Sele e la CONSAC, riproponendo le rispettive eccezioni e deduzioni di merito di prime cure e, la terza, controdeducendo anche ai motivi d’appello.
Alla pubblica udienza del 16 aprile 2015 la causa è stata trattenuta in decisione.
4 L’appello non può essere accolto.
La Sezione, che in forza dell’effetto devolutivo dell’appello è investita della cognizione dell’intera controversia, ritiene che sussistano i presupposti per prescindere dall’esame del profilo di inammissibilità dell’originario ricorso introduttivo sul quale si è soffermato il primo Giudice, e concentrarsi piuttosto sul merito di causa.
Questa prospettiva denota l’infondatezza del ricorso di prime cure.
5a L’appellante con il primo motivo del suo ricorso al T.A.R. si è doluta che l’atto regionale del 17 giugno 2014, rientrante tra quelli da essa impugnati, richiamasse disposizioni normative ormai non più vigenti nell’ordinamento “a seguito della tormentatissima evoluzione legislativa della disciplina dei servizi pubblici locali”.
La censura va respinta, perché l’atto regionale appena menzionato era un mero atto preparatorio, recante la comunicazione dell’avvenuta indizione di una conferenza di servizi, e pertanto costituiva una manifestazione amministrativa dall’impugnabilità quantomeno dubbia, con la conseguenza che ai riferimenti normativi in esso contenuti non può annettersi alcuna qualificata rilevanza giuridica.
Va altresì rilevato, in via generale, che l’erroneità dei richiami normativi di un atto amministrativo non integra di per sé un vizio di legittimità. L’orientamento giurisprudenziale in proposito è, difatti, nel senso che la carente o erronea indicazione degli estremi della normativa di riferimento nel provvedimento impugnato non assume rilievo in termini di legittimità, laddove non impedisca di individuare i presupposti di fatto o le ragioni di diritto sottesi al provvedimento stesso (C.d.S., Sez. III, 18 luglio 2011, n. 4353; Sez. V, 17 maggio 2000, n. 2873; 18 settembre 1998, n. 1312), condizione che nel caso concreto è appunto soddisfatta.
5b La ricorrente avrebbe potuto dedurre, pertanto, che il trasferimento dalla Regione all’Autorità d’ambito della gestione delle infrastrutture sopra menzionate sarebbe stato affetto da vizi intrinseci. Ciò essa ha assunto, peraltro, unicamente sotto il profilo della condizione di liquidazione in cui le Autorità d’ambito versavano.
Questa deduzione, tuttavia, risulta infondata, poiché la soppressione, in forza dell’art. 2, comma 186 bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, delle Autorità d'ambito territoriale di cui all’art. 148 del d.lgs. n. 152/2008, non ha fatto venire meno il dato per cui i servizi idrici continuano ad essere “organizzati sulla base degli ambiti territoriali ottimali definiti dalle regioni” (giusta l’art. 147 dello stesso d.lgs. tuttora vigente). Alle Regioni stesse per l’individuazione dei nuovi enti di governo degli A.T.O. è stato assegnato, tra l’altro, il termine perentorio del 31 dicembre 2014 (art. 147 cit.).
Va poi rilevato, da altra angolazione, che l’art. 153 dello stesso d.lgs. n. 152/2008 (“Dotazioni dei soggetti gestori del servizio idrico integrato”) dispone l’affidamento al gestore del servizio idrico integrato delle infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali in concessione d'uso gratuita per tutta la durata della gestione.
5c L’infondatezza di questo primo aspetto dell’impugnativa emerge anche dall’esame dell’ulteriore, connesso rilievo di parte per cui il commissario straordinario dell’Autorità di ambito Sele, nominato per l’ordinaria amministrazione e la liquidazione dell’ATO locale, non avrebbe potuto disporre del potere di affidare il servizio idrico, acquisendo dalla Regione la gestione delle relative infrastrutture per conferirle all’affidataria.
Quanto ai compiti spettanti alla detta figura commissariale, occorre ricordare che la deliberazione della Giunta regionale n. 813/2012 - che ha disposto il commissariamento delle Autorità d’ambito - ha puntualizzato che, poiché la legge statale aveva soppresso esclusivamente i relativi soggetti giuridici, e non anche il sistema delle competenze ad essi affidate, nelle more del riassetto della legislazione regionale di settore occorreva “garantire la continuità delle funzioni originariamente assegnate alle Autorità di Ambito”. E’ quindi alla luce di questa esigenza di fondo che va intesa l’assegnazione fatta dalla stessa delibera ai commissari straordinari delle Autorità del compito di “assicurare lo svolgimento delle attività necessarie a garantire l’ordinaria amministrazione”, attribuzione che non ha pertanto la connotazione restrittiva presupposta dalla ricorrente.
Va inoltre osservato che nella vicenda il commissario straordinario dell’ATO Sele si è sostanzialmente limitato a dare seguito all’affidamento del servizio idrico integrato che l’assemblea della stessa Autorità aveva già disposto, con il proprio provvedimento n. 3 del 2011, in favore della CONSAC. Non pare pertanto dubbio che, poiché il medesimo ha svolto attività esecutiva del precedente deliberato assembleare, il suo intervento possa essere comunque agevolmente inquadrato nell’ordinaria amministrazione.
5d Né può accedersi al rilievo di eccesso di potere dedotto nell’ultima parte di questo motivo.
La censura è stata formulata sulla premessa che gli uffici regionali avrebbero emanato i loro atti “al fine di evitare il commissariamento da parte della Prefettura”.
Non solo tale presupposto è rimasto tuttavia indimostrato, ma è rimasta parimenti priva di dimostrazione l’esistenza di un effettivo profilo di sviamento che la circostanza allegata avrebbe in tesi determinato a detrimento dell’interesse pubblico o della causa del potere esercitato.
5e Il primo motivo dell’originario ricorso risulta quindi infondato in tutte le sue declinazioni.
6 Il secondo motivo del ricorso è invece inammissibile per l’indeterminatezza della censura proposta.
Con il motivo si prospettava una violazione del diritto comunitario europeo, per essere stato affidato il servizio a una società che non avrebbe soddisfatto i requisiti per un legittimo affidamento “inhouse” di un servizio pubblico.
Il Collegio deve però rilevare che la ricorrente con il proprio ricorso ha allegato soltanto, in maniera del tutto generica, la violazione della normativa comunitaria, evocando le “coordinate elaborate dalla giurisprudenza comunitaria per il legittimo affidamento … in house di un servizio pubblico” senza però indicare le precise regole e i requisiti cui l’Amministrazione avrebbe in concreto violato, e quindi le esatte ragioni della propria censura, le quali sarebbero emerse solo in occasione di successive note d’udienza.
E’ per contro pacifico che il ricorso introduttivo di un giudizio debba contenere un’articolazione compiuta delle doglianze che la parte ricorrente muove avverso gli atti oggetto d’impugnativa, con l’effetto di delimitare il thema decidendum.
L’art. 40 del codice del processo amministrativo, al comma 1, nel regolare il “Contenuto delricorso” dispone che esso debba contenere –tra l’altro- “i motivi specifici” su cui è fondato; il successivo comma 2 puntualizza, inoltre, che i motivi proposti in violazione di questa disposizione sono inammissibili.
Ciò posto, non pare dubbio che la formulazione del motivo in discussione contenuta nel ricorso contrastasse, per la sua genericità, con la regola appena detta, dal momento che la parte si era limitata ad evocare la giurisprudenza comunitaria formatasi in materia, senza però indicare la regola che l’Amministrazione avrebbe violato.
7 Per le ragioni esposte l’appello deve essere disatteso.
Le spese processuali sono liquidate secondo la soccombenza dal seguente dispositivo.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), pronunciando sull'appello in epigrafe,
in riforma della sentenza impugnata respinge il ricorso di primo grado.
Condanna la società appellante al rimborso alle controparti costituite delle spese processuali del presente grado, che liquida nella misura complessiva di euro seimila, oltre gli accessori di legge, da dividere in parti uguali fra le tre aventi diritto.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 16 aprile 2015 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Vito Poli, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Nicola Gaviano, Consigliere, Estensore
Raffaele Prosperi, Consigliere


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/05/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


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